Critica

L’iter artistico di Valerio Mirannalti si avvale di una formazione polivalente, accademica e di bottega, rilevante per i significativi discepolati presso maestri dell’area fiorentina che hanno potenziato le sue innate capacità nella messa punto di un linguaggio figurativo autonomo e ricercato in cui la padronanza disegnativa e l’utilizzo sapiente dei pigmenti ad olio, ad acrilico ed a pastello si amalgamano nei toni preziosi della tecnica mista su tavola o cartone.

In linea con la rivoluzione operata dalla felice stagione impressionistica ed in continuità con la tradizione di ascendenza macchiaiola, si qualifica come abile ed attento paesaggista del territorio toscano nel suo peculiare patrimonio ambientale, coniugando classicità e modernità di tagli visivi e stesure cromatiche.

Animato dalla verità ottica e percettivo-emozionale dei brani naturalistici scelti, delinea con atto contemplativo distensive vedute, esaltate dalla rarefazione luministico-atmosferica nella dinamica costruttiva delle pennellate vibranti e gestuali. Su formati allungati prendono corpo segmenti campestri, aree coltivate, radure alla presenza di noti insediamenti paesistici, argini alberati lungo silenti presenze fluviali, suadenti panoramiche fiorentine fino alla rappresentazione vivida e solare del litorale versiliese dominato dalle maestose Alpi Apuane. Le variegate nuances dei verdi, gli ocra dei terreni ed altre timbriche pastosità coloristiche ritraggono il verdeggiante e dolce andamento collinare, tratto distintivo autentico ed antropizzato della ruralità toscana nella sua intima genuinità per ripristinare e tutelare quell’antico e sempre moderno rapporto salutare con la natura e leggere il paesaggio nelle valenze estetiche e storico-culturali.

L’intenzionalità dell’artista supera la riconoscibiltà dello spunto topografico verso l’interpretazione lirica dello scenario prospettico in cui lo sguardo umano sconfina: la pragmaticità veridica della tecnica nell’empirismo di luce-colore e scansione delle forme si stempera nella poeticità della visione panoramica alla ricerca di spazi dilatati in cui, citando i memorabili versi di Leopardi, “…il naufragar m’è dolce…”.

La figura umana, accanto alla tematica del paesaggio, è l’altro polo pittorico, ben rappresentato nella composita produzione di Valerio Mirannalti. Il ciclo di opere sulle nudità corporee – dalle positure inedite, di scorcio, contratte, a riposo – è caratterizzato da uno stilema segnico e coloristico di fattura attualizzante per ideazione ed impaginazione che non disdegna il supporto della tradizione disegnativa classica. Il suo estro creativo è attratto anche dall’arte scultorea, testando un terreno stilistico in cui la sperimentazione di nuove frontiere sintetico-plastiche, favorite dalla versatile industriosità, conosce contenuti simbolici dalle forme stilizzate nel processo astraente dal vero.

Sono dunque la ricerca spaziale e l’incisività del segno i tratti predominanti della sua poetica che coniuga rigore tecnico, osservazione fenomenica ed intensa carica espressiva nell’assiduo atto ispirativo nell’esercizio dell’Arte.

Silvia Ranzi


(realizzata per la mostra “Fiesole vista da Valerio Mirannalti, Studio di architettura Latini, Fiesole (FI)”)

L’artista Valerio Mirannalti, animato dal sentimento di appartenenza e riconoscenza a Fiesole che gli ha dato i natali, la ritrae omaggiandola con la pubblicazione di un significativo Carnet de Voyages in cui ripercorre le tappe salienti della sua fisionomia cittadina: dal centro storico ai siti ed istituzioni adiacenti, dilatando lo sguardo alle vie di comunicazione e profili collinari panoramici dalla profonda valle del Mugnone alla suggestiva conca fiorentina. Quindici tavole illustrative, realizzate nel 2013, costituiscono il testo di un diario visivo dai preziosi riscontri sia per il residente che per il turista: fanno la loro comparsa i rinomati edifici pubblici e religiosi – il Palazzo Pretorio e la Cattedrale di S. Romolo – emblematici della virtus civile e devozionale; la Piazza Mino da Fiesole; il Museo Bandini e la collezione di dipinti in prevalenza dei cosiddetti “primitivi” di scuola Toscana; la celebre area archeologica del Teatro romano di età augustea e rovine delle Terme; la stretta ed irta via che portava all’antica acropoli sul colle dove si ergono la Basilica di S.Alessandro ed il complesso conventuale di S.Francesco, dal Belvedere struggente, identificando nelle lontane ascendenze etrusco-romane la vetusta madre di Firenze. Si tratta di un viaggio emozionale e cognitivo, rivisitato e riscoperto con la disinvoltura e la freschezza propositiva della prassi a schizzo: la gestualità segnica si riappropria dei luoghi, delineandoli in figurazioni  classiche a china, modernizzate dalle dissolvenze di una cromia a sanguigna secondo trasparenze diluite, restituendo al fruitore un itinerario iconico, rappresentativo del volto cittadino, estatico e  vibrante avvalorato dai versi lirici dell’amico poeta Matteo Rimi. L’ouverture del taccuino presenta accenti  commemorativi nella riproduzione dello stemma cittadino e la storica lapide che proclama la vittoria del voto per la Repubblica a suffragio universale del 2 Giugno del 1946, evento d’orgoglio popolare di un passato recente che segna il delicato processo democratico di un’unificazione italiana costantemente da perseguire e consolidare. La trasversalità rapida e fluida della grafia  nelle tipiche vedute, la sapiente prospettiva delle angolazioni scelte, l’ispirazione evocativa delle visioni privilegiate fanno di questo Carnet de Voyages una silloge di istantanee che attestano la magistralità di un’artista, pittore e scultore, sostenuto dalla qualità puntuale ed autentica del disegno dal vero nell’alveo di un genere artistico di riconosciuta tradizione che sa onorare il fascino per la cultura del territorio nel suoi valori storici e paesaggistici.

Silvia Ranzi